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Marketing

Il marketing è uno dei tre mali del mondo. Esso consiste nel manipolare una o più persone nel credere che il proprio servizio/prodotto sia migliore di quello degli altri.

Si tratta di un comportamento selvaggio oltre che manipolatorio, che contribuisce (anche ad insaputa di chi lo attua) al problema di stupidità entro cui il competitivismo tecnocapitalista si inquadra, portando così delle persone sulla carta di buoni princìpi a divorarsi a vicenda, per guadagnarsi da vivere. Questo porta a comportamenti falsi, manipolatori e spesso immorali da parte di chi si trova a pubblicizzare qualcosa.

Nel pubblicizzare un prodotto, infatti, sono nascosti tutti i difetti o i compromessi, perché gli aspetti positivi vanno evidenziati, in modo tale da manipolare il potenziale acquirente per fargli credere di star comprando qualcosa di "perfetto" o "lussuoso", o comunque superiore alla competizione. Essa non sta di certo a guardare, rincarando la dose in un processo competitivo nichilista e disastroso per la società. Se mai un'azienda dovesse evidenziare solo i difetti del proprio prodotto ed impegnandosi nel migliorare con il tempo, allora lo comprerò. Ma ciò è impossibile perché "non fa bene per il business" (una delle classiche frasi blaterate da uomini di mezza età in giacca e cravatta seduti ad una riunione aziendale, il tipo di persona che ha da tempo rinunciato a qualsiasi forma di etica mettendo la priorità assoluta nella propria ridicola carriera, trasformandosi in una persona miserabile nel tentativo).

In un colloquio di lavoro, il candidato è spesso indotto a pubblicizzarsi dando un'immagine di sé quasi mistica e trascendentale per ispirare l'esaminatore, facendogli credere di avere davanti un vero e proprio mago del proprio settore, un'occasione imperdibile. Nei colloqui per posizioni lavorative legate allo sviluppo software questo comporta la creazione di pajeetware immondo e ridicolo, per dare sfoggio delle proprie competenze tecniche.

Io non creerò mai software per impressionare qualcuno. Tutto ciò che faccio è realizzato per puro egoismo chiaro e sfacciato; se lo sto realizzando è perché mi serve, mi aiuta, mi semplifica la vita. Non è di certo per un patetico curriculum. Tutti i grandi dell'informatica hanno avuto lo stesso approccio: Linus Torvalds ha creato il kernel Linux come progetto personale, e sviluppandosi è diventato il kernel che alimenta il sistema operativo da cui sto scrivendo questo articolo. Tutto il mio software segue la stessa filosofia e chiunque è il benvenuto a farne l'uso che più ritiene appropriato. La verità è che un progetto non ha direzione se creato per pavoneggiarsi e fare curriculum; è un giocattolo inutile, appiccicoso, spesso artificialmente ed inutilmente complesso. Va bene creare nuovi progetti per imparare qualcosa di nuovo, ma qualsiasi cosa di esternalizzabile deve coincidere con qualcosa di personalmente utile, è sciocco fare altrimenti. Quando qualcosa è utile, parte con un'idea precisa di cosa deve essere. Essa nasce come l'embrione di quello che diventerà in secondo luogo. Può darsi che il programma riesca, nella sua forma primordiale, a servire il suo scopo dignitosamente; lo stimolo ad eccellere è tuttavia tanto più forte quanto il programma è utile, cosa che porta lo sviluppatore a costruire qualcosa di seriamente condivisibile, proprio perché potenzialmente utile ad altri e qualitativamente notevole.

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